Razzismo, che cosa ne pensa l'Italia
In occasione del lancio della Campagna Unicef “Io Come Tu”, un’indagine
sul web mette a confronto su questo tema adulti e adolescenti.
Serve più sensibilizzazione nelle scuole

Nuova indagine sul razzismo in Italia, una sorta
di faccia a faccia tra adulti e adolescenti.
Il primo dato è confortante: è diffusa la percezione
di questo fenomeno da parte di entrambi i
campioni (95.8% dei teenagers e 96.8% degli adulti), percezione che per i più giovani deriva non
solo dalla mediazione di giornali e televisione
(così per il 39.9% degli adolescenti),
ma anche da esperienze tangibili
vissute direttamente in ambito scolastico (31.6%).
Il secondo dato è più preoccupante: l’istituzione scolastica delude dal punto di vista
dell’educazione, se è vero che l’idea che gli adolescenti hanno di razzismo, ovvero un
qualsiasi episodio di rifiuto ed emarginazione verso il “diverso da sé” (47.8% degli adolescenti),
per il 41.8% dei teenagers proviene da un background familiare, mentre solo
per l’11.5% dall’educazione ricevuta a scuola.di faccia a faccia tra adulti e adolescenti.
Il primo dato è confortante: è diffusa la percezione
di questo fenomeno da parte di entrambi i
campioni (95.8% dei teenagers e 96.8% degli adulti), percezione che per i più giovani deriva non
solo dalla mediazione di giornali e televisione
(così per il 39.9% degli adolescenti),
ma anche da esperienze tangibili
vissute direttamente in ambito scolastico (31.6%).
Il secondo dato è più preoccupante: l’istituzione scolastica delude dal punto di vista
dell’educazione, se è vero che l’idea che gli adolescenti hanno di razzismo, ovvero un
qualsiasi episodio di rifiuto ed emarginazione verso il “diverso da sé” (47.8% degli adolescenti),
per il 41.8% dei teenagers proviene da un background familiare, mentre solo
In occasione del lancio della Campagna Unicef “Io Come Tu”, nata con l’intento di trasmettere
l’inviolabilità del principio di non discriminazione a beneficio di gruppi vulnerabili di bambini e
adolescenti, come i bambini e gli adolescenti di origine straniera, l'istututo di statistica Lorien
Consulting ha svolto un’indagine on-line con il fine di fotografare la percezione che gli italiani
hanno di questa tematica, confrontando l’opinione degli adulti con quella degli adolescenti.
La ricerca è stata condotta tra il 12 e il 15 novembre 2010 su due differenti tipologie di
campione: 400 adolescenti dai 14 ai 17 anni e 400 adulti, over 18.
L'indagine ha esplorato non solo la percezione del concetto di razzismo, ma anche le relative
esperienze vissute dagli intervistati, le loro principali fonti di conoscenza, i loro valori ed un primo
generale giudizio sulla campagna stessa. L’andamento del fenomeno del razzismo è
considerato abbastanza stabile, se non in aumento, sia per i più grandi sia per i più giovani,
ma per entrambi i gruppi è considerato un problema risolvibile, sia pur solo con la cooperazione
di tutti. Anche se appare controverso proprio il concetto di “tutti”: mentre il 35.9% degli
adulti attribuisce la responsabilità del razzismo ai comportamenti erronei degli stranieri
che vivono in Italia, il 35.8% degli adolescenti attribuisce la colpa all’ignoranza
degli stessi italiani.
Per gli adolescenti, l’uguaglianza risulta il valore più importante (così per il 35.3% del campione)
dopo i diritti umani (44.8%). Mentre secondo gli adulti, sempre dopo i diritti umani (43%), pesano
maggiormente i diritti alla salute (42.5%) e al lavoro (29.8%). Il primo messaggio percepito,
dunque, è l’uguaglianza tra le persone: così per il 60.3% degli adolescenti e anche
per il 54.5% dei maggiorenni. Forse anche per questo la campagna è piaciuta molto alla metà
del campione degli adolescenti, così come al 43% dei maggiorenni.
Si può quindi concludere che il sentimento anti-razzista è molto percepito e diffuso, ancor
più tra i giovani che tra gli adulti. Ma è assolutamente necessaria una vasta campagna di
sensibilizzazione, in particolare nelle scuole, dove peraltro l’incontro diretto tra giovani
italiani e giovani stranieri che vivono in Italia è molto elevato, perché è stata giudicata
scarsa la capacità di educare su questo tema da parte del mondo scolastico e formativo,
proprio quello da cui ci si aspetterebbero i maggiori contributi, edicativi e culturali,
per contrastare il fenomeno e la percezione del razzismo.
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