domenica 6 marzo 2011

La scuola? Proibita di sera

La scuola? Proibita di sera


Su l’Unità del 2 marzo Ascanio Celestini scriveva sulle scuole una cosa così giusta e evidente da passare quasi inosservata: «All’uscita degli studenti dovrebbe seguire l’entrata dei cittadini che potrebbero frequentare la scuola per corsi, incontri, assemblee e anche spettacoli e dibattiti o persino per motivi ludici». Non dice solo la fame di luoghi che non siano quelli che trasformano i cittadini in clienti (anche le panchine sono in via di estinzione), ma i criteri e gli obiettivi per l’istruzione e l’educazione fissati da anni in Conferenze europee vincolanti per l’Italia (Amburgo 1997, Lisbona 2000): il diritto all’educazione permanente del cittadino adulto, la flessibilità dello studio e il superamento della concezione secondo cui la formazione professionale segue quella intellettuale, ovvero «prima si studia e, dopo, si lavora». Educazione e istruzione non finalizzati ad obiettivi miopi, ma, come la cultura, investimento a lunga scadenza, misurano la civiltà e la ricchezza di un Paese. Ora, posto che il capo del governo sta all’educazione come uno spacciatore di eroina sta allo yoga, il «Ministero dell’istruzione» (sic, senza «pubblica»), oltre a tagliarne i fondi non col machete ma col napalm, abolisce perfino quei momenti codificati in cui gli adulti fanno comunità nelle scuole, ovvero i corsi serali. Al loro posto istituirebbe dei «centri» (sostantivo già sinistro) «per l’istruzione degli adulti», cui potrà iscriversi solo chi «non ha assolto l’obbligo di istruzione» o non è «in possesso di titoli di studio di scuola secondaria superiore»; cioè negando l’accesso ai tanti diplomati e laureati che frequentano, per esempio, i licei artistici serali. Auspico da sempre la proliferazione di corsi serali per tutti - anche licei classici - e vorrei che si cogliesse l’importanza della battaglia culturale per la loro salvaguardia.

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