Gran
parte del patrimonio immobiliare italiano è costituito da case ed
edifici vecchi, che di sicuro non sono l’ideale quando si parla di
risparmio energetico. Gli edifici vecchi, infatti, possono avere
infissi, porte e finestre che non fanno che facilitare le dispersioni termiche,
con un conseguente aumento del consumo di energia per riscaldare e
raffreddare gli ambienti interni. In molti casi, inoltre, ad essere
vecchi non sono solamente gli edifici in sé, ma anche gli
elettrodomestici ivi contenuti: frigoriferi che consumano molto di più
di quelli di ultima generazione, impianti di riscaldamento
obsoleti…tutto ciò contribuisce ad aumentare l’inquinamento, oltre che
le spese e le bollette.
Rinnovare e costruire seguendo nuove
logiche costruttive è dunque diventato l’imperativo morale dei nostri
tempi, come pure le norme che regolano la materia stanno a dimostrare.
Da qualche anno in Italia è in vigore l’obbligatorietà di presentare al
Comune di residenza il certificato energetico sia degli edifici di nuova
costruzione, sia di quelli già esistenti. Il decreto 192 del 2005,
inoltre, emanato in seguito ad una direttiva europea, prevedeva
l’applicazione di norme molto severe in materia di risparmio energetico,
e introduceva la certificazione energetica in Italia, non solo per
quanto riguardava i frigoriferi, ma anche per le abitazioni e gli
edifici. Ciò significa che gli edifici devono essere classificati, in
base a dei precisi criteri, in diverse classi energetiche, dalla classe A
(la migliore) alla classe G. Gli edifici classe A sviluppano meno di 30
Kwh/mq l’anno, quelli di classe energetica B tra i 31 e i 50 Kwh/mq
l’anno, quelli di classe C tra i 51 e i 70 Kwh/mq l’anno, quelli di
classe D tra i 71 e i 90, quelli di classe E tra i 91 e i 120, quelli di
classe F tra i 121 e i 160, e quelli di classe G più di 160 Kwh/mq
l’anno. La certificazione energetica degli edifici viene fatta in base
all’isolamento delle pareti
dell’edificio e alla qualità degli impianti ad alta efficienza
energetica; dalla classe energetica di appartenenza dipende anche il
valore dell’edificio sul mercato. Il riscaldamento, in particolare, è
uno dei fattori che maggiormente incidono sull’economia dell’edificio:
si calcola infatti che circa il 53% dei costi di gestione di un’immobile
derivino proprio dal riscaldamento. Abitare in una casa o in un
appartamento ad alta efficienza energetica, dunque, significa anche
risparmiare un bel po’ di soldini. La ricerca di nuovi materiali per
ridurre le dispersioni termiche va dunque avanti, come pure quella sugli
impianti di riscaldamento e sulle tecniche di isolamento interno delle pareti.
D’altra
parte l’Italia non è sola in questa “battaglia” ambientale: dopo il
vertice di Copenhagen, sia gli Stati Uniti che altri stati europei si
sono prefissati degli obiettivi importanti. Se Obama ha promesso che
entro 20 anni tutti gli edifici statunitensi saranno ecocompatibili,
l’obiettivo dei membri dell’Unione Europea è quello di avere solo
edifici ad emissioni zero entro il 2020. Gli obiettivi sono ambiziosi,
ma non irraggiungibili, come dimostrano anche i casi di città quali
Stoccolma e Amburgo, capaci di ridurre drasticamente le emissioni di
CO2. E la situazione delle nostre città di sicuro non permetterà di
rinviare la questione ancora a lungo.
Informazioni sull'Autore
Articolo a cura di Francesca Tessarollo
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